Le due facce dell'Nba: Jokic e Doncic
Fanno sembrare tutto semplice, naturale. Artisti della pallacanestro che coniugano muscoli e tecnica, poeti della spicchia affascinanti e maledetti, così fuori dagli schemi e dentro la testa degli avversari. Nikola Jokic, da Sombor, Serbia e Luka Doncic, da Lubiana, Slovenia, sono diventati le facce della Nba. Se la sono presa con poche chiacchiere e tanti record. Cifre da capogiro, numeri inimmaginabili. Hanno conquistato la lega di basket più prestigiosa al mondo, eccellenze di uno sport inventato in America dal benemerito Dr Naismith (che comunque era canadese). Lo fanno a modo loro, con battaglie sportive omeriche che fanno impallidire quelle cinematografiche di Gang of New York. Hanno marcato il territorio, fatto proseliti, canestro dopo canestro, vittoria dopo vittoria, primato stabilito uno dietro l’altro. E badate bene: non è stato facile. Abbattere il muro della tradizione, della consuetudine, delle regole non scritte del mondo Nba, cambiare il gioco e la mentalità in modalità freestyle, personalizzandolo sul piano tecnico oltre i cliché da statistiche avanzate, sul piano personale mettendoci quel gusto agrodolce balcanico che sa di antico, ma non di vecchio, che sa di furbacchioni che assaporano il gusto della vita tra ciabatte e sneakers, tra birra e triple, tra lussi e schiacciate, tra cavalli e auto da corsa personalizzate.
PISTOLERI NEL FAR WEST
Corrono più piano dei principali avversari playoff, eppure i loro numeri corrono velocissimi. Mandano in tilt gli avversari come flipper, un rumore nostalgico. Li sfidano a duello ai playoff della Western Conference. Al secondo turno. Il Joker per adesso sotto 0-2 contro Ant Edwards, la fenomenale guardia 22enne dei Minnesota Timberwolves, Luka contro Shai Gilgeous-Alexander, l’eccezionale esterno canadese degli Oklahoma City Thunder. La Vecchia Europa contro il nuovo che avanza nordamericano. Sfida nella doppia sfida. Sfiziosa, imperdibile.
GEMELLI DIVERSI
Sono gemelli diversi, Nikola e Luka. Jokic ha 29 anni. Un gigante da fiaba, buono fin quando non lo fate arrabbiare, pigro, indolente, un filo sovrappeso. Un alieno nel mondo americano. La fidanzatina di scuola a Sombor, al confine con Croazia e Ungheria, ancora al fianco, diventata la madre della figlia. I fratelloni ingombranti, bulli, minacciosi e molti cattivi se li fate arrabbiare, guardie del corpo gratuite. Non mangia all’americana, non ascolta musica americana, si veste (male) come tanti statunitensi, ma con stile anni ’80 europei, vintage come l’atmosfera dell’ex Jugoslavia, da Ragazzo da Ragazzo dell’Europa, quello cantato da Gianna Nannini. Doncic ha 25 anni. Belloccio, biondino, molto cool. Alla moda, perfetto incastro nella società Usa. Con gli stivali da cowboy e il cappello texano, con l’auto fuoriserie da vip, con lo sguardo assassino per il gentil sesso, con il tiro assassino per gli avversari sul parquet. Pigro, indolente, un filo sovrappeso. Trasandato alla Nash, col look spettinato “di proposito”. Nikola sta “nel suo” in disparte, Luka in mezzo agli altri, primeggia sugli altri. Sul parquet sono simili, quasi uguali. Ti fanno a pezzi col suono di killing me softly, stavolta scomodiamo le note dei Fugees. Lenti, ma inesorabile. Spietati killer dei canestri. Con un orgoglio sconfinato e la voglia matta di mettere la palla nella retina e i piedi in testa agli avversari. Agonisti feroci. Cattivi. Soddisfatti solo se hanno l’ultimo tiro e l’ultima parola, l’ennesima vittoria. Gamer, dicono negli States. Campioni da partita, non da esibizione, nonostante il loro stile sia spettacolare, coreografico, fantasia al potere, dipinti a mano libera, il parquet come una tavolozza. Ma tutto al servizio della squadra. Conta vincere, conta solo vincere. Per primeggiare sugli avversari, che per 48’ diventano nemici. Sono fatti così. Poi escono dal campo e il Joker mette i calzini bianchi sulle ciabatte da mare, Luka spettina i capelli e mette su la maglia della salute che tanto con quei muscoli fa bella figura anche così. Soprattutto così.
LA RISATA DEL JOKIC
Mercoledì, domani, vincerà il suo terzo trofeo Mvp, il premio assegnato al miglior giocatore Nba. Dopo quelli del 2021 e del 2022 e il mezzo furto subito la passata stagione quando Embiid lo sopravanzò nelle votazioni dei media in modo discutibile. Il Joker diventerà il primo europeo di sempre con tre titoli di Mvp pareggiando leggende del gioco come Larry Bird e Magic Johnson. Ai playoff 2023 ha regalato il primo titolo della loro storia ai Denver Nuggets da Mvp delle Finals. Il giocatore scelto più in basso di sempre al Draft, con la chiamata numero 41 di quello del 2014, da signor nessuno allora, a fregiarsi del riconoscimento più ambito. Primo giocatore capace di mettere assieme almeno 30 punti, 20 rimbalzi e 10 assist in una partita, in Gara 3, delle Finals. E poi fare spallucce: “Non mi frega niente, è solo una statistica”. Jokic è diventato il primo lungo ad aggiudicarsi l’Mvp delle Finals dal 2005, da quando ci riuscì Tim Duncan. Quasi 20 anni dopo. In Colorado, a Denver, la città sulle Montagne Rocciose, alta un miglio, dicono lì, sopra livello del mare, abitualmente dedita alla palla ovale, al football dei Broncos, Jokic è saputo diventato l’Alpha e l’Omega. Terzo di tutti i tempi tra i realizzatori di franchigia dei Nuggets, dietro solo a Alex English e Dan Issel, in avvicinamento, con i suoi 14.139 punti. Già davanti a tutti per rimbalzi, 7.249, e assist, 4.667. Solo numeri, direbbe lui. Ma da capogiro, e non è colpa dell’altitudine, dell’aria rarefatta in quota. La scorsa stagione ha riscritto la storia, i libri dei record, ai playoff. Primo di sempre a totalizzare 600 punti, 250 rimbalzi e 150 assist in una singola post season. Nella serie coi Lakers di playoff 2024 opposto a Anthony Davis ha segnato 28.2 punti di media, tirando giù 16.2 rimbalzi,, smazzando 9.8 assist per partita. Ah, poi ci sono le triple doppie: in carriera già 130, quarto ogni epoca, le 199 del capoclassifica Russ Westbrook nel mirino. Ai playoff per triple doppie è terzo dietro a Magic Johnson (30) e LeBron James (28). Le è a quotai già 18. E il conto prosegue.
A CASA DI LUKA
Doncic è stato il miglior realizzatore stagionale a 33.9 punti di media segnati per partita, giocandone 70 per un totale di 2370 punti messi a referto. Lo sloveno è il primo giocatore europeo di sempre a ottenere questo traguardo, il primo giocatore bianco dall’impresa del 1977 di “Pistol” Pete Maravich. Luka è cosi diventato anche miglior realizzatore stagionale di franchigia, ha superato Mark Aguirre che ne segnò 2330 nella stagione 1983-84. Luka nel gennaio 2024 ha segnato addirittura 73 punti contro gli Atlanta Hawks, la quarta prestazione più prolifica di sempre. Meglio di lui hanno fatto solo Wilt Chamberlain (100 e 78 punti) e Kobe Bryant (81). Si tratta della partita da almeno 70 punti più efficiente ogni epoca: ha tirato 25/33 dal campo (75.8%), 8/13 da 3 punti (61.5%) e 15/16 dalla lunetta (93.8%). Doncic, appena alla sesta stagione Nba, vanta già 77 triple doppie, ottavo di tutti i tempi, a pari merito con James Harden. Luka va veloce anche ai playoff, di fretta persino. Terzo ogni epoca a raggiungere i 1000 punti segnati quando conta di più: nella serie contro i Los Angeles Clippers di 1° turno playoff 2024, alla 32ma partita, è stato capace di superare quelle Colonne d’Ercole. Solo Michael Jordan (28) e Wilt Chamberlain (29) ci sono riusciti prima di lui. Sempre in quella serie, poi vinta 4-2 per guadagnare l’incrocio di secondo turno coi Thunder, Luka ha combinato con Kyrie Irving per 338 punti “di coppia”: il massimo per un tandem alla prima serie playoff condivisa. Lo sloveno è quinto per punti segnati in questi playoff, 29.8 di media, cui aggiunge 9.5 assist, secondo proprio dietro a Jokic. Ah DeAndre Ayton, Marvin Bagley e Trae Young, che gli furono preferiti al Draft 2018, i playoff non li hanno neppure giocati, in questa stagione. Sassolini tolti dalle scarpe. Sono tanti, sono belle grosse…Se Jokic ha saputo regalare ai Nuggets il primo anello di sempre, Doncic è stato capace di trascinare la piccola Slovenia al suo unico trionfo, all’Europeo, nel 2017. Eroe nazionale.
COSE DELL’ALTRO MONDO
Solo i grandi dello sport sanno cambiare il gioco, la lega dove giocano. Di recente in Nba LeBron ci è riuscito sul piano dell’influenza a tutto tondo, giocatore/allenatore/dirigente/agente/business man. Curry l’ha fatto sdoganando la stella dal fisico “normale”, estendendo il raggio di tiro consigliabile, con le sue triple da centro città emulate dai rivali, diventate modello di riferimento. Jokic e Doncic, non sono grandi atleti per esplosività, non primeggiano certo per rapidità, velocità e salto: hanno cambiato il modo di valutare il talento degli scout Nba che ci hanno sbattuto i denti contro, sbagliando le valutazioni su di loro. I due hanno fatto capire che conta soprattutto la sintonia occhi/mani/palla. In America ora si parla di “decelerazione” attaccando il canestro per essere sotto controllo e mandare semmai i difensori fuori giri: eresia sino a ieri. Merito loro. Jokic in una Nba di gioco perimetrale ha rimesso il ruolo del grande lungo al centro del progetto tecnico. I tagli di Denver senza palla, di letture di gioco, fanno scuola. Jokic e Doncic hanno saputo lasciare impresse le impronte nella sabbia. Spinto più in là la soglia dell’impossibile. A fine carriera saranno ricordati come i giocatori europei più forti di sempre, in Nba. Oltre i tiro di (Dirk) Nowitzki, oltre l’atletismo di (Giannis) Antetokounmpo. Oltre la classe di (Drazen) Petrovic e Sabonis padre, oltre le imprese di Vlade Divac, dei fratelli Gasol e di Tony Parker. Grazie a numeri clamorosi, di campo e come statistiche. E tenetevi forte perché questo è solo un ghiotto primo piatto: considerata l’età, il meglio deve ancora venire.
Riccardo Pratesi
Twitter: @rprat75
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